Papa -1     Lucca 27 aprile - Un quarto di secolo. È trascorso un quarto di secolo da quando il Papa Giovanni Paolo II venne in visita alla Chiesa ed alla Città di Lucca. Per chi li ha vissuti da vicino quei momenti, come ho potuto fare io, il ricordo è ancora vivo e la dolcezza di quel ricordo assume, a pochi giorni dal riconoscimento ufficiale della eroicità delle virtù cristiane di Karol Wojtyła, accenti più forti con intense venature di nostalgia per quelle ore vissute intensamente, per i tanti momenti letteralmente a fianco a fianco con quel grande Papa.

      Era all’incirca la metà del mese di marzo del 1989 quando si diffuse la notizia che la città di Lucca sarebbe state una delle tappe, assieme a Pisa e Volterra del viaggio che il santo Padre avrebbe compiuto nel settembre di quell’anno in Toscana. Quasi in contemporanea con la diffusione della notizia ricevetti una telefonata un po’ speciale, ma non per me inconsueta. Ricordo ancora perfettamente: era il tardo pomeriggio di un martedì, e quando andai a rispondere sentii, dall’altro capo, la familiare voce forte, quasi stentorea dell’Arcivescovo Mons. Agresti il quale, senza perder tempo, mi disse: «A settembre viene il Papa a Lucca». Io replicai dicendo di aver appreso la notizia proprio quella stessa mattina.

Monsignor Agresti quindi soggiunse: «Voglio che tu faccia parte del comitato che organizzerà la visita». Io mi dichiarai subito disponibile e rimanemmo d’accordo che sarei passato da lui la mattina successiva intorno alle nove, prima che egli iniziasse le sue consuete attività.

Il mercoledì mattina lo incontrai nel suo appartamento e mi chiarì quale avrebbe dovuto essere il mio impegno: avrei dovuto occuparmi del settore stampa in stretto contatto con la Sala Stampa della Santa Sede e quindi mi passò un opuscolo di qualche decina di pagine fatto pervenire proprio dalla Sala Stampa vaticana nel quale erano indicati tutte le istruzioni e i compiti da assolvere. Si trattava di organizzare un centro stampa con le attrezzature necessarie (un trentina di postazioni con macchine per scrivere, alcuni fax, telefoni e quattro telescriventi con relativi operatori). Inoltre al centro stampa, che fu allestito in via del Giardino Botanico al piano terra della ex casa degli Oblati, allora di proprietà della Diocesi, doveva arrivare il segnale audio e video da tutti i luoghi nei quali era previsto un discorso del Papa.

Oltre a questi aspetti di carattere tecnico al sottoscritto incombeva anche il compito di accreditare i giornalisti, gli operatori cine televisivi ed i fotografi che non avessero già l’accredito permanente della Sala Stampa vaticana. Il tutto aveva strette connessioni anche con il settore della sicurezza e quindi sarebbe stato necessario un costante, stretto contatto con le autorità di polizia locali (Polizia di Stato e Carabinieri), con l’ispettorato della Polizia italiana presso il Vaticano e con la Gendarmeria pontificia.

Il compito mi apparve subito, ad una prima scorsa della pubblicazione vaticana, di estrema complessità e questa prima impressone si rafforzò in seguito ad una lettura più approfondita del libretto. Così un paio di giorni dopo tornai dall’Arcivescovo e gli espressi chiaramente la mia volontà di rifiutare l’incarico; per me si trattava di un un impegno che ritenevo al di sopra delle mie capacità. Monsignor Agresti non volle sentire ragioni e perciò fui costretto ad accettare l’incarico.

Mi misi immediatamente al lavoro e presi i primi contatti con quella che allora era la SIP e con l’altro organismo che si occupava di comunicazioni telefoniche che era l’Azienda di Stato per le Telecomunicazioni (AST) con uffici a Pisa. Il personale direttivo e tecnico delle due aziende, disponibile e competente si mise subito all’opera e, pur riservandoci ulteriori incontri, garantì la perfetta realizzazione dei collegamenti tra i vari luoghi dove il santo Padre avrebbe sostato ed il Centro Stampa di via del Giardino Botanico.

Il lavoro andò avanti per tutta l’estate in contatto diretto e costante con il responsabile tecnico della Sala Stampa della Santa Sede, Vick Van Brantegem, un belga deciso ed energico, espertissimo per aver organizzato tutti i viaggi papali sia in Italia che all’estero, e anche con diversi viaggi a Roma.

Intanto cominciavano ad arrivare le richieste di accredito da parte dei giornalisti, dei cine-tele operatori e dei fotografi. Per i giornalisti e gli operatori TV la cosa era semplice perché la richiesta che proveniva dalle testate di appartenenza dava sufficienti garanzie anche per quanto concerneva la sicurezza. Qualche problema in più si poneva per i fotografi autonomi, che dovevano comunque presentare la licenza all’esercizio dell’attività, ma sui quali era necessario acquisire qualche ulteriore informazione visto che non avevano neppure la garanzia derivante da una iscrizione ad un albo professionale o dalla dipendenza da un struttura organizzata.

Per i rappresentanti delle testate giornalistiche e radiotelevisive si doveva anche stabilire il livello di vicinanza al Santo Padre e la collocazione negli spazi riservati presso ciascun luogo degli incontri.

Chiaramente risultò più semplice trattare con chi aveva maggiore esperienza di visite papali e maggiore professionalità piuttosto che con certi dilettanti di qualche TV locale che giunsero fino al punto di pretendere l’esclusiva delle riprese della messa che il Papa avrebbe celebrato allo stadio.

Trattare con gli inviati della RAI, della varie testate giornalistiche e con i cronisti locali fu certamente più semplice per la professionalità degli stessi e per la loro intelligenza immediata dei vari problemi relativi ad una macchina tanto complessa, oltre alla consapevolezza che da parte del sottoscritto e della Sala Stampa vaticana vi era tuta la massima disponibilità per facilitare il loro importante lavoro.

Il numero di giornalisti e di testate televisive presenti fu enorme, sicuramente eccezionale per una visita che direi di ordinaria amministrazione rispetto ai grandi viaggi ai quali Papa Giovanni Paolo II ci aveva abituato. Ciò trovava le sue ragioni in un interesse particolare che il mondo dell’informazione aveva per ogni parola del Papa in quei giorni. Erano i giorni degli scossoni epocali che colpivano il mondo comunista dell’Europa orientale anche grazie proprio all’opera instancabile di papa Woytjła.

Il mondo ricorda ancora tutti gli eventi che caratterizzarono quel 1989 e che portarono allo storico incontro del Papa con il capo dell’Unione Sovietica Gorbaciov nell’ottobre di quell’anno e alla caduta del muro di Berlino nel mese successivo.

I vaticanisti più smaliziati prendevano in considerazione anche l’eventualità che, in occasione di questa visita, il Papa potesse annunziare un suo viaggio in Unione Sovietica, eventualità che in quel tempo era data come imminente, se solo si fosse stata superata l’opposizione della Chiesa Ortodossa russa.

Giunse infine il gran giorno. Il 23 settembre, verso le 15, l’elicottero bianco del 31° Stormo dell’Aeronautica militare italiana atterrò sul prato del Campo Balilla, il Papa scese salutando e benedicendo il gran numero di persone assiepate lungo la circonvallazione e sulle Mura, accolto dall’Arcivescovo Agresti. Quindi partì il corteo diretto verso la prima tappa della visita, Piazza Grande, dove era previsto un indirizzo di saluto delle autorità civili e un discorso del Santo Padre.

Io intanto cominciavo a rendermi conto della grande opportunità che mi era toccata: l’assoluta libertà di movimento fino a potermi trovare gomito a gomito con il Papa e la disponibilità di un’auto con autista con la quale precedere il corteo papale di alcuni minuti dal luogo di un incontro all’altro.

Dopo il saluto delle autorità civili in Piazza Grande la tappa successiva era prevista nella cattedrale di San Martino per un incontro con il clero. Qui il Santo Padre sostò dinanzi al Volto Santo recitando una preghiera da lui stesso composta per l’occasione, si soffermò ad ammirare il sarcofago di Ilaria del Carretto e quindi, dal presbiterio, rivolse il suo discorso al clero lucchese.

La tappa successiva fu l’incontro con i giovani assiepati numerosissimi nei prati dietro la cattedrale; il Papa doveva pronunciare un discorso dal balcone del palazzo arcivescovile. Per spostarsi dalla cattedrale al palazzo dell’Arcivescovato, era previsto che egli si servisse di un sottopassaggio che attraversa piazzale Arrigoni, ripulito e restaurato per l’occasione.

Il Santo Padre, però, si rifiutò di fare quel percorso, ma decise di uscire all’esterno e percorrere, sia pure a bordo della papamobile, il breve tratto di strada da Piazza San Martino al Palazzo Arcivescovile. Questa piccolissima variazione nel percorso provocò una certa agitazione nel personale di sicurezza; ricordo ancora un funzionario dell’Ispettorato di Polizia presso il Vaticano col quale poi si sarebbe consolidato un legame di cordiale amicizia, brontolare a lungo per l’imprevedibilità del Papa, sempre alla ricerca di un contatto con la folla dei fedeli, alla barba di qualsiasi protocollo di sicurezza.

Alla partenza della papamobile da piazza San Martino io mi ero soffermato sui gradini della Cattedrale e mentre il mezzo iniziava a muoversi mi sentii chiamare da Mons. Agresti, in piedi sul mezzo, accanto al Papa, che mi salutò con ampi gesti della mano.

In quel momento percepii tutta la soddisfazione e la gioia dell’Arcivescovo per il, perfetto svolgersi della visita che procedeva con la regolarità di un meccanismo ben oliato.

Dopo l’incontro, come consueto amichevole e caloroso con i giovani in Piazzale Arrigoni, il corteo papale si diresse al Santuario di Santa Gemma per un saluto alle claustrali ed ai rappresentanti degli Ordini contemplativi.

Da qui poi il trasferimento allo stadio comunale per il momento clou della visita: la celebrazioni della S. Messa, di fronte a migliaia di fedeli, assiepati sulle gradinate e sul terreno di giuoco.

La visita volgeva ormai al termine; dopo la Messa era prevista una tappa alla casermetta posta sul Baluardo San Pietro delle Mura per un incontro con i giovani del Ceis (Centro italiano di solidarietà) e con le ragazze madri della casa famiglia Santa Margherita ed un saluto all’antistante Villaggio del Fanciullo.

Le auto del corteo si fermarono all’interno di Porta san Jacopo e quindi il Papa con il seguito si avviò lungo la scalinata per salire sulle Mura. Durante la salita mi ritrovai, fianco a fianco con il, Santo Padre il quale, circa a metà percorso, mi afferrò per un braccio e mi disse queste testuali parole: «Bisogna aiutare il Papa: è vecchio». Ricordo che io riuscii a replicare a malapena con un “no” strozzato, ma più ancora ricordo il vigore tutto particolare di quella stretta.

Dopo quest'ultima tappa, si era fatto ormai buio, il Santo Padre si ritirò nella palazzina liberty adiacente al pensionato "don luca Passi" delle Suore Dorotee in Viale Civitali dove trascorse la notte.

Nella mattinata successiva, domenica 24 settembre, prima di ripartire alla volta di Pisa, il Papa incontrò i componenti del Comitato che aveva organizzato la visita e anche in quell'occasione ebbi la possibilità di scambiare qualche parola con lui, o meglio, fu lui a parlare, io risposi, non ricordo come, ma certamente con qualche considerazione banale e forse neppure ben articolata.

Quando Mons. Agresti mi presentò come il Responsabile Stampa del Comitato organizzatore della visita, il Papa mi chiese «Come è la stampa a Lucca?». Risposi con qualche frase di circostanza e nel contempo sentii la stessa vigorosa stretta alla mia mano smile a quella del pomeriggio precedente.

Il Santo Padre quindi partì per dirigersi al Campo Balilla per riprendere l’elicottero che lo avrebbe portato a Pisa. Durante il percorso, però, era prevista una breve deviazione per la benedizioni della Croce di Borgo Giannotti che era stata restaurata da poco. Con la mia auto decisi quindi di raggiungere il Campo Balilla e qui ebbi modo di salutare nuovamente il Santo Padre, prima che si imbarcasse.

Ebbe così fine un evento vissuto intensamente da tutta la città e del quale ancora oggi serbo un ricordo indelebile.

Ricordo anche che furono, questi, momenti di grande gioia e di soddisfazione per l’Arcivescovo Agresti. Da lì a poco iniziò il calvario della sua malattia che lo avrebbe portato alla morte poco meno di un anno più tardi.

Informazioni personali

Elio

Docente emerito di Lingua e Letteratura Inglese. Giornalista iscritto all'Albo Professionale.

Ha collaborato con i quotidiani Avvenire, La Nazione, L’Osservatore Romano; col settimanale Toscana Oggi e con la Radio Vaticana.

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Docente di Lingua Inglese. Giornalista iscritto all'Albo Professionale. Autore di opere di carattere storico. Ha collaborato con i quotidiani Avvenire, La Nazione, L’Osservatore Romano; col settimanale Toscana Oggi e con la Radio Vaticana.